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La Città Feudale
Prima che Bitetto sorgesse

Circa mille anni prima di Cristo, i nomadi iapigi, provenienti dalle sponde dalmate, s’insediarono sul territorio dell’attuale Puglia, spostandosi all’interno per la pastura delle greggi. Per sopravvivere, costruivano qua e là casupole con muri a secco e sarcofaghi monoblocchi dove seppellire i morti, come testimoniano cumuli di pietre sbozzate e reperti funerari, ritrovati in vari luoghi. Fra i ruderi non è mai stata rinvenuta traccia di centri abitati, ad eccezione di qualche vaso dell’età del bronzo. Si divisero in Dauni, Peceti e Messapi, stanziandosi rispettivamente al nord, al centro e al sud del territorio denominato genericamente Iapigia, fino a quando questo nome si modificò attraverso alcuni passaggi linguistici: Iapuglia, Iapudia, Apudia, Apulia, Puglia. Verso il IV secolo avanti Cristo, sorsero i primi centri abitati, quando i pastori, trasforatisi in agricoltori, sentirono il bisogno di dimore fisse. Dal terzo secolo successivo, con l’espansione di Roma, si costruirono ville rustiche e masse tra i campi coltivati, mentre si formavano municipi lungo tre direttici viarie: da Venosa attraverso le Murge, a Taranto; da Canosa, attravero Ruvo, Bitonto, Ceglie, Norba, a Egnazia; all’Ofanto, lungo le coste adriatiche, a Brindisi a Otranto. Ai tempi di Orazio (68-8 avanti Cristo), Bari era soltanto un borgo di pescatori e Bitetto non esisteva. Dopo il crollo dell’Impero Romano, datato 476, il Cristianesimo reggeva all’urto delle invasioni barbariche: a Canosa, a Venosa, a Siponto, a Egnazia e forse a Bari. Dalla diocesi bitettese, i documenti tacciono, non esibendo questa ancora istitutia.

Nel settimo secolo dopo Cristo, i Bizantini, intenzionati a accupare lo spazio dell’Impero Occidentale, si erano impossesati della Puglia per poi arretrare sulle coste, dove permasero fino alla seconda metà dell’undicesimo secolo: erano stati ricacciati dai Longobardi divenuti padroni di gran parte del Meridione dopo aver fondato il ducato di Benevento. Frattanto, i Saraceni della vicina Tunisia aggredivano i disagi della popolazione pugliese con le loro frequenti razzie.

Per consolidare il possesso della fascia e dell’immediato retroterra, i Bizantini si rervivano dei monaci di san Basilio. Questi, istituendo cenobi e istituendo chiesette, influenzavano religiosamente e politicamente le famiglie contadine, asservite ai gasindi per dissodare la gleba ovvero le zolle di terra che ancora oggi vengono chiamate ghiev’ in dialetto bitettese.

Tra Bitritto e Bitetto, infatti, prima che questi centri abitati sorgessero, fu istituito, in contrada san Marco, uno dei cenobi basiliani, verso l’ottavo secolo dopo Cristo, come si desume dallo stile bizantino leggibile sui ruderi superstiti. Il 1963, il noto critico d’arte tedesco, carl A. Willemsen, accompagnato dal sovrintendente architetto Schettini, fece un sopralluogo a san Marco, confermando la natura di cenobio, lo stile e l’epoca. L’illustre visitatore chiariva che, per l’assenza di tracce di informazione urbanistiche, non poteva esserci stato alcun insediamento abitativo e tanto meno l’episcopio alluso da alcuni storiografi e che il cenobio poteva da sé rassicurare nei momenti difficili quanti, vivendo in case sparse, cercavano riparo dalle incursioni delle bande armate saracene o germaniche.

Dopo la cacciata dei Bizantini da Bari a opera del duca normanno, Roberto il Guiscardo, avvenuta il 1071, il cenobio, abbandonato dai basiliani, andò lentamente in rovina, riducendosi a un cumulo di pietre coperte di erbe.

 

Sorge Bitetto

Da una pergamena del Codice Diplomatico Barese dell’anno 959 dopo Cristo, si da notizia dell’esistenza di tre cappelle in loco di Bitetto o Vitecte dedicate rispettivamente a santa Maria, san Michele Arcangelo, e san Tommaso, dove due sacerdoti celebravano la messa , previo versamento di un censo annuo all’arcivescovo di Bari, Giovanni II (951-978).

Tra le righe del documento si legge che esisteva un luogo chiamato Bitectum dove erano raggruppate delle casupole, formando appunto il locus o insieme di casali collegati.

Ogni casale era composto di una decina di abitazioni. La gente che vi risiedeva era così numerosa che aveva avuto bisogno del sevizio di due preti per il culto divino e la salvezza delle anime. Il locus non era né il castrum romano né il castllum romano medievale ma un villaggio esteso su un’antica contrada senza alcun recinto protettivo.

Cinquant’anni dopo, Bitecte era una solia collettività di esidenti con obbiettivi comuni e comportamento solidaristico, era cioè una civitas in grado anche di partecipare con pari dignità alla lega delle città di Bari, Bitonto, Trani ribellatesi ai dominatori bizantini, contro i quali fecerunt bellum in bitete, anno 1011.

I toponimi in lingua latina, ad es. Bitectum, si rinvennero nei documenti del decimo secolo; erano tipici dell’alto Medioevo sll’epoca delle gestazione dei nuovi centri abitati, che come si sa, portò alla nascita delle civitas Bitecti e di vari casali e castelli tra cui Capurso, Noicattaro, Montrone, Cellamare, Mola, Binetto e Toritto.

Il nome Bitectum

Bitetto trae origine da Bitectum. Il nome non è come Trebianum, Meduneum (Triggiano, Modugno) ecc. di natura gentilizia ma topica, perché si definiva con quello del luogo dove sorse il primo nucleo abitativo. La sua forma latina risale al tempo in cui Roma, dopo aver annesso nel terzo secolo avanti Cristo la Peucezia, distinse il territorio agrario in contrade, dando a ciascuna di queste un nome, ad es. Babucta, Clausurae, Bitectum, ecc..

Questi e altri termini cominciarono a subire modifiche nell’alto Medioevo, spianando la via alla formazione della lingua romanza, sicché Babucta divenne Bavotta, Clausurae Chiusure, Bitectum Bitetto ecc..

La trasformazione linguisica veniva determinava da fattori relazionali e ambientali, dall’affinità fonetica che modificava il gruppo consonantico "ct" in "tt" e dalla caduta delle desinenza che faceva di actum atto, tectum tetto, Bitectum Bitetto.

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Descrizione dello Stemma
D'azzurro, alla vite sradicata, al naturale, foglia di sette, di verde, fruttata di sei, diporpora, posta a destra, a al liocorno, ritto, d'argento, posto a sinistra, il tutto sormontato dalla stella di sette raggi, d'argento, posta in capo. Ornamenti esteriori da Comune.
 
Descrizione del Gonfalone
Drappo di verde riccamente ornato di ricami d'argento e caricato dello stemma sopra descritto con la iscrizione centrata in argento, recante la denominazione del Comune.
Le parti in metallo ed i contorni saranno argentati.
L'asta verticale saraà ricopertà di velluto verde, con bullente argentato poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta e nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d'argento.
 
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